Nel giorno del secondo dibattito con Donald Trump, FiveThirtyEight.com accreditava Hillary Clinton di un 81,5% di probabilità di vincere le elezioni. Quest’anno il secondo dibattito è stato annullato, c’entrano la positività del presidente al Sars-CoV-2 e l’impossibilità di trovare un accordo rispetto a una inedita versione da remoto o a un semplice rinvio, ma ad oggi lo stesso modello da a Joe Biden l’85,8% di probabilità di vittoria.

Questo per dire che sì, i democratici sono in vantaggio. Sempre secondo il modello di Nate Silver distanzierebbero i repubblicani di oltre 8 punti percentuali nel voto popolare. Eppure è ancora presto per festeggiare. Sempre, si intende, che si sia sostenitori del Partito democratico (nel senso di quello americano, ndr). Anzi, paradossalmente potrebbero essere queste previsioni così favorevoli a ritorcersi contro il candidato indicato come vincente.

Lo afferma Joshua Benton, fondatore di Nieman Lab, un centro studi dedicato al futuro del giornalismo dell’Università di Harvard. Una tesi sostenuta in un articolo di qualche giorno fa, che parte da un paragone sportivo. Il riferimento è al 51simo Super Bowl, la finale del campionato di football americano giocata il 5 febbraio 2017 tra gli Atlanta Falcons e i New England Patriots.

Ora, quando mancavano poco più di sei minuti alla fine della partita, i Falcons erano accreditati del 99,8% di probabilità di vincere il titolo (sì, succede anche questo, ndr). Finì che i Patriots segnarono due touchdown nel giro di cinque minuti, in entrambi i casi mettendo a segno anche una conversione da due punti (non tipica e meno semplice del calcio che porta ad una conversione da un solo punto, ndr), recuperando così uno svantaggio di 14 punti. Una rimonta coronata con un’altra meta segnata durante i tempi supplementari, che diede alla squadra del Massachusetts la vittoria finale.

Per riportare la situazione all’immaginario italiano, valga il riferimento alla partita tra Inter e Sampdoria giocata il 9 gennaio 2005. All’83simo minuto Vitaliy Kutuzov segnò il gol del 2-0 per i doriani, indirizzando la partita verso una a quel punto scontata vittoria blucerchiata. Nel giro di cinque minuti, tra l’88simo ed il 93simo, Obafemi Martins, Christian Vieri ed Alvaro Recoba, portando il risultato sul 3-2. Guadagnando ai nerazzuri i tre punti e quel soprannome di ‘pazza Inter’ che ancora l’accompagna, nonostante i tentativi di Antonio Conte di farlo dimenticare.

Ora, il punto è che sul 2-0 per la Samp, molti tifosi dell’Inter, certi della sconfitta, hanno lasciato lo stadio. E il punto dell’articolo di Benton è che questo possa avvenire, a parti invertite, alle elezioni americane. Nel senso che, guardando ai modelli previsionali che danno a Biden un’alta probabilità di vittoria, molti elettori democratici potrebbero ritenere non necessario lo sforzo di registrarsi e votare. Mentre al contrario i repubblicani sarebbero più motivati. Un po’ come i giocatori di Roberto Mancini una domenica di gennaio di quindici anni fa.

Per questo motivo il fondatore di Nieman Lab sostiene che sarebbe necessario smettere di prevedere l’esito delle elezioni come se si trattasse di competizioni sportive. Per cercare di contenere questo effetto, Infodata ricorda ogni volta che un evento, per quanto statisticamente improbabile, non è affatto impossibile. E invece di affidarsi ad un solo modello, ne mette a confronto tre. Questo, ad esempio, è quello dell’Economist:

Questo modello, elaborato da due docenti della Columbia University, si conferma il più negativo per Trump. Ad oggi gli assegna infatti meno del 10% delle possibilità di vittoria finale. Nemmeno la positività al nuovo coronavirus sembra aver generato empatia nei sentimenti degli elettori. Il 54% di chi voterà il prossimo 3 novembre, secondo un sondaggio Ipsos/Reuters del 4 ottobre, quando il presidente era ancora ricoverato in ospedale, si dice molto preoccupato della diffusione della pandemia. A questi si aggiunge un 28% di persone in qualche modo preoccupate.

Allo stesso modo, il 47% degli elettori potenziali è molto d’accordo con l’affermazione secondo la quale se Trump avesse preso più seriamente il virus non si sarebbe ammalato, cui si aggiunge un 21% di persone abbastanza d’accordo. Beninteso, nessuno qui sta muovendo accuse: è quello che pensa una buona parte degli americani.

Questo probabilmente contribuisce a spiegare come mai i modelli utilizzati da Infodata vedano tutti un calo delle chance di riconferma del presidente uscente. Vale anche per quello elaborato da Jack Kersting, studente 19enne dell’Università dell’Alabama.

Per tornare alla questione posta da Benton, va anche detto che per come è organizzato il sistema elettorale americano, dove è possibile perdere il voto popolare ma vincere le elezioni come fece Trump nel 2016, l’elaborazione di un modello previsionale è forse l’unico modo per indicare il possibile vincitore con un solo valore numerico. Certo, occorre esplicitare per bene che si tratta di probabilità e che, per quanto alte queste ultime siano, la certezza è un’altra cosa.

Infine ecco la mappa che indica, stato per stato, le possibilità di vittoria dei candidati: quelli in blu vedono in vantaggio Biden, quelli rossi Trump. La barra nella parte alta mostra invece la previsione rispetto ai grandi elettori necessari per vincere.

Metodologia
FiveThirtyEight utilizza i dati di sondaggi nazionali e locali, unendoli ad alcuni indicatori di natura economica, ed effettua 40mila simulazioni del risultato elettorale.
L’Economist affianca ai sondaggi quelli che le scienze politiche definiscono fattori strutturali, come ad esempio il maggior interesse verso le elezioni a mano a mano che ci si avvicina al voto.
Il JHK Forecast ai sondaggi e agli indicatori economici unisce la tendenza storica di un singolo Stato a votare democratico o repubblicano. I risultati sono simulati 20mila volte.

L’articolo Elezioni Usa, e se Trump facesse come la ‘pazza Inter’ contro la Sampdoria? sembra essere il primo su Info Data.

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