Lo abbiamo sentito tutti. Tutti gli italiani sintonizzati sulla conferenza stampa del presidente Giuseppe Conte per capire che sarà delle loro vite da qui almeno al 3 dicembre. Probabilmente, a questo passaggio sui dati, ha fatto caso soprattutto chi con i numeri ci lavora. E che da mesi insiste sul fatto che lo sforzo, pur importante, della Protezione civile nel pubblicarli in formato aperto, non è sufficiente.

Infodata prende sul serio l’impegno del capo dell’esecutivo. Un impegno importante, perché più sono disponibili informazioni sull’andamento dei contagi, più è possibile capire come stia evolvendo la pandemia. Più è possibile rendersi conto di quanto sia in sofferenza il nostro sistema sanitario. Più è possibile valutare le scelte che vengono assunte per contenere la pandemia al netto delle tifoserie politiche.

Beninteso, servono dati, non numeri. Le slide con il totale dei contagi o le percentuali di occupazione in .pdf devono aver fatto il loro tempo. Occorrono le informazioni che hanno contribuito a costruire questi numeri, appunto i dati. Che devono essere aggiornati quanto più possibile in tempo reale. Devono essere aperti, ovvero riutilizzabili da chiunque, dagli epidemiologi in giù, senza vincoli. E devono essere in formato machine readable, ovvero leggibili da un qualunque foglio di calcolo o software per la gestione di database senza che siano necessari ulteriori passaggi.

È chiedere troppo? Da queste parti c’è la certezza che il presidente Conte non deluderà le aspettative. E visto che ci siamo, sia concesso prima di concludere, Infodata avrebbe una richiesta da muovere al capo dell’esecutivo. In questo sforzo di trasparenza, è possibile cominciare dalle scuole?

Il lettore ricorderà che lo scorso 23 ottobre Infodata lanciava un appello al ministero della Pubblica istruzione affinché diffondesse i dati relativi ai contagi all’interno degli istituti scolastici. Il 29 ottobre il dicastero attualmente guidato da Lucia Azzolina ha diffuso un comunicato in cui sostanzialmente afferma che i dati, il ministero, li fornisce all’Istituto superiore di sanità. Sottolineando il «grande impegno» nella raccolta delle informazioni.

Detto che nessuno ha mai messo in discussione l’impegno di chi al Miur ci lavora, siamo l’unico Paese europeo che ha visto la chiusura delle scuole in questa seconda ondata, seppure su base regionale. Ad oggi, l’ultimo aggiornamento fornito da Azzolina risale al 10 ottobre e parla di 5.793 studenti, 1.020 insegnanti e 283 soggetti appartenenti al personale non docente risultati positivi al Sars-CoV-2.

Si tratta di un dato non aggiornato, in questi 25 giorni sul fronte dei contagi è successo parecchio, che non distingue su base territoriale, e quindi non permette di capire se abbia senso che la Campania chiuda le scuole e la Lombardia no, né sull’età degli studenti positivi. Se i contagi si trovano alle primarie, ad esempio, perché si chiudono le secondarie?

Insomma, anche e soprattutto per capire cosa stia succedendo all’interno delle scuole servono quei dati granulari promessi dal presidente del Consiglio. Qui a Infodata li attendiamo fiduciosi.

Qui sotto il posto la cartina con i positivi nelle scuole italiane di Vittorio Nicoletta, dottorando all’Université Laval in Quebec, e Lorenzo Ruffino, studente di Economia a Torino. I due raccoglievano i dati cercando ‘scuola positivo’ su Google News: «aprivamo tutti gli articoli, li leggevamo e inserivamo i dati, aggiungendo il codice meccanografico (un codice alfanumerico che identifica ogni scuola, ndr) degli istituti», spiega Ruffino a Infodata. Un lavoro che lui stesso definisce titanico. Speriamo di aggiornare presto questa cartina con dati nuovi.

 

 

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