Allerta gialla per il maltempo in sei Regioni: Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Puglia, Umbria e Veneto. Altre due vittime lunedì in Liguria, che insieme al Piemonte hanno chiesto lo stato di calamità. Ad Ancona al via il processo per l’alluvione di Senigallia del 2014, che vede tra gli otto imputati anche l’ex sindaco e neoconsigliere regionale Mangialardi.

Il governatore piemontese Alberto Cirio  ha dichiarato: “La situazione è molto grave. E’ come il 1994, con la differenza che stavolta in 24 ore sono caduti 630 millimetri di pioggia. Una precipitazione così imponente in un arco di tempo così limitato non succedeva dal 1954″. Secondo Coldiretti sono di oltre 300 milioni di euro i danni all’agricoltura causati dall’ondata di maltempo che ha colpito duramente le campagne del Nord Italia in Val d’Aosta, Liguria, Piemonte e Lombardia.
In Valle d’Aosta – continua la Coldiretti – nella zona di Arnad è distrutto il 70% del raccolto di castagne, mentre scendendo verso il Piemonte in direzione di Pont Saint Martin la tempesta ha devastato campi, serre di verdure e ortaggi, strappato e affogato alveari e fatto strage di polli a Hone. In Liguria nella provincia di Imperia – sottolinea la Coldiretti – è stata persa quasi 1 oliva su 3 pronta alla raccolta. In provincia di Savona, si registrano danni pesanti all’olivicoltura, mentre in Val Bormida ci sono diverse frane e alberi abbattuti. Nel Levante – precisa la Coldiretti – l’esondazione del fiume Vara ha allagato aziende dell’Alta Val di Vara, mentre frane e smottamenti hanno isolato intere aree del Tigullio, la bufera ha scoperchiato i tunnel di diverse aziende e colpito gli uliveti

Nella mappa di Infodata sono rappresentati gli indicatori di rischio per frane e alluvioni relativi a territorio, popolazione, famiglie, edifici, imprese, beni culturali. La percentuale è riferita alla dimensione della superficie interessata. La categoria di rischi, invece è ordinata in una scale di riferimento (che sono diverse tra frane e idraulico). Le aree a pericolosità idraulica elevata in Italia sono pari a 12.405 km2 (4,1% del territorio nazionale) , le aree a pericolosità media ammontano a 25.398 km2 (8,4%), quelle a pericolosità bassa (scenario massimo atteso) a 32.961 km2 (10,9%). Come si legge la mappa? Se per esempio scrivete Roma  scoprite che ha un rischio idraulico alto per il 7,6% della superficie. Ma questa corrisponde al 4,6% degli edifici e al 2,9% dei beni culturali. Lecco invece ha un rischio frane massimo per il 18,5% del territorio, ma in questo territorio ci vive lo 0,2% della popolazione ed è presente lo 0,1% delle imprese. I dati li trovate qui e anche le spiegazioni relative al tipo di rischio. 

Diamo una percentuale parziale, il 7,9 del territorio nazionale è come se fosse in bilico, a rischio frana. Progetto IFFI (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia) e la piattaforma Idrogeo realizzato dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra)  e dalle Regioni e Province Autonome a maggio hanno fornito nuovi dati per misurare li rischio idrogeologico. I dati dell’inventario sono relativi a 620.783 fenomeni franosi che interessano un’area di circa 23.700 km quadrati e sono aggiornati tra il 2014 e il 2019.

Come Infodata ci siamo occupati di frane e dissesto idrogeologico da un paio di anni mappando grazie ai dati Ispra i rapporti e aggiornando ove possibili le mappe e i dati. Qui alcune analisi ad hoc.  Mentre se cliccate qui avete un quadro più completo su alcuni dei problemi del territorio italiano.

In Italia, oltre 6 milioni di abitanti risiedono in aree ad elevato e medio rischio di alluvioni mentre la popolazione a rischio frane, se si considerano le due classi a maggiore pericolosità (elevata e molto elevata), è pari a oltre 1,2 milioni di abitanti. (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale).

Dalla banca dati relativa al dissesto idrogeologico si vede come nel 2017 ci sono state 172 frane importanti che hanno causato in totale 5 vittime, 31 feriti e danni prevalentemente alla rete stradale, eventi distribuiti in particolare nelle regioni Abruzzo, Campania, Sicilia, Trentino-Alto Adige, Lombardia e Marche. Nella storia delle alluvioni in Italia ci sono eventi che più di altri sono rimasti nella memoria comune, per aspetti diversi: l’alluvione del 1951 nel Polesine con le sue immagini di una terra che diventa un’immensa distesa d’acqua e le sue pesanti ripercussioni sociali ed economiche di lungo periodo; l’alluvione che colpì Firenze nel 1966 il cui impatto emotivo, suscitato dai danni provocati dall’alluvione al patrimonio artistico e culturale, fece scattare una mobilitazione generale; l’evento di Soverato del 2000, quando a seguito di un evento meteorico particolarmente intenso e alla rapidissima concentrazione dei deflussi, il torrente Beltrame, una fiumara che si origina dall’Aspromonte, si abbatté con la sua massa d’acqua e detriti su un campeggio, ubicato nell’area golenale del torrente, che ospitava persone quasi tutte disabili e relativi accompagnatori; le alluvioni del Tanaro nel 1994 e del Po nel 2000 con le migliaia di sfollati e le immagini di strade interrotte, ponti crollati, abitazioni e aziende sommerse. Nella memoria più recente si addensano altri eventi su aree i cui nomi si ripetono più spesso di altri, Capoterra, Messina, Genova, Le Cinque Terre, la Lunigiana, la Val di Vara, Massa Carrara. Infine si ricorda l’evento del 18-19 novembre 2013 che ha interessato Olbia, il territorio nord orientale e sud occidentale della Sardegna.

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