La diffusione dell’epidemia Covid-19 ha visto i paesi occidentali reagire con minor prontezza rispetto a quelli dell’Estremo Oriente come il Vietnam, Taiwan, la Corea del Sud, e soprattutto la Cina che, a differenza del resto del mondo, essendo il primo paese colpito, è stata colta di sorpresa dall’apparizione del virus. Purtroppo, la velocità di reazione è un fattore cruciale per contenere un’epidemia, ancora più importante per limitare il numero finale di vittime della capacità di effettuare test e tamponi, tracciare ed identificare gli infetti.
Una delle ragioni che potrebbero aver sviluppato nei decisori e nella società orientali un maggiore senso di urgenza è la percezione della dinamica delle epidemie, basata su alcuni concetti matematici di base: la nozione di proporzionalità (in passato era chiamata la “regola del tre”) e l’idea che il numero di nuovi contagi sia grosso modo proporzionale a quello delle persone contagiose, concetti che portano alla comprensione che la crescita del numero di infetti segua una progressione “geometrica” la cui “ragione”, il coefficiente di espansione, determina la velocità dello sviluppo dell’epidemia.
Questo coefficiente dipende sia dal famoso R0, il numero medio di persone che ogni persona contagiata a sua volta infetta, sia dal tempo medio che intercorre tra due contagi. Questo secondo numero è più importante di R0, e avrebbe potuto essere stimato già alla fine di gennaio grazie alle statistiche pubbliche cinesi, prima di essere confermato da quelle italiane e poi degli altri paesi occidentali a partire dalla fine di febbraio.
Progressione geometrica
La natura “geometrica” della progressione di un’epidemia, che determina la sua crescita esponenziale, implica che ogni intervallo di tempo di ritardo nella reazione moltiplica il numero finale di vittime per il coefficiente di espansione, con effetti che possono essere drammatici.
Proverò ora a sviluppare questi concetti, cercando di mostrare come non necessitino la conoscenza e consuetudine al ragionamento matematico di un “sapiente” ma solo ragionamenti e princìpi di matematica di base comprensibili pressoché a tutti.
La matematica che viene (o dovrebbe essere) insegnata alle scuole medie e superiori non è soltanto, né in primo luogo, un mezzo per ottenere buoni voti, ma uno strumento per analizzare aspetti essenziali della realtà, e magari, come accaduto quest’anno, per aiutarci a salvare innumerevoli vite umane nel caso di un’epidemia.Il fatto che in Occidente i decisori politici e gli opinionisti non abbiano chiaramente fatto questi calcoli basilari, o non li abbiano presi abbastanza seriamente, fornisce un’indicazione delle carenze decennali nell’istruzione di base ed in particolare di quella matematica, sia in Francia sia negli altri paesi occidentali.
La matematica insegnata alla fine delle scuole medie e nelle scuole superiori è sufficiente per farsi un’idea della progressione delle epidemie. Nel caso dell’epidemia di Covid, un esame delle statistiche sulla mortalità ad esso associata in Cina e poi nei principali paesi occidentali mostra che la diffusione dell’epidemia si sia estesa di almeno 10 volte ogni 10 giorni, ovvero raddoppiando ogni tre giorni.
Questa dinamica “naturale” è stata interrotta grazie alle misure di distanziamento sociale, ma comunque con un numero di morti nella prima ondata più o meno proporzionale al livello raggiunto dall’epidemia nel momento in cui queste misure sono state prese.Ciò significa che se le azioni di contenimento fossero state prese dieci giorni prima oggi avremmo solo poche migliaia di morti invece di centinaia di migliaia (i decessi a livello globale hanno superato quota un milione, ndr), mentre, se fossero state prese tre giorni prima, avremmo avuto circa due volte meno morti. Al contrario, se queste misure fossero state prese dieci giorni dopo oggi avremmo centinaia di migliaia di morti.
Al momento, dopo il termine del confinamento, la situazione in Europa sembra essere più sotto controllo, grazie all’attenzione della popolazione e alla capacità di individuare e circoscrivere focolai. Gli Stati Uniti mostrano però drammaticamente il risultato di aver abbassato la guardia: dopo un abbassamento delle curve epidemiche, l’aver abbandonato ogni attenzione ha portato ad una nuova crescita esponenziale, con decine di migliaia di nuovi infetti ogni giorno.
Una stima semplice
Una buona approssimazione della dinamica delle epidemie prima che arrivino vicino a uno stato di saturazione, vale a dire prima che contagino una parte significativa della popolazione, si basa su un’idea semplice: ogni giorno il numero di nuovi contagi che ci si può attendere è proporzionale al numero di persone contagiose quel giorno, ovvero a quelle che erano state contagiate qualche giorno prima. In effetti è logico pensare che se 10 persone contagiose ne infettano altre 30, allora 50 persone contagiose ne contagiano 150, 100 persone contagiose ne contagiano 300, ecc. ecc.
Questo principio inizia a discostarsi dalla realtà solo quando una parte sempre più ampia della popolazione ha già contratto la malattia e, in linea di principio, non può più contrarla.Introduciamo poi la variabile “tempo”, supponendo che, tipicamente, una persona contagiata ne infetti altre 3 in 5 giorni.
Nella realtà questi numeri non sono mai ben definiti ed hanno un valore probabilistico: il tempo necessario per divenire contagiosi varia da individuo a individuo, così come varia il numero di persone contagiate da una singola persona contagiosa, le quali peraltro non vengono contagiate tutte lo stesso giorno. Possiamo tuttavia ottenere un’approssimazione ragionevole rimpiazzando queste variabili con i loro valori medi e supporre che questi parametri siano fissi e valgano i numeri mostrati (cioè che una persona contagiata ne contagi altre 3 persone nell’arco di 5 giorni).
Con queste ipotesi, ogni multiplo di cinque giorni (lo chiamiamo 5N) il numero di persone contagiate viene moltiplicato per il prodotto di 3 per sé stesso N volte (ciò che si può scrivere più brevemente come 3N). Facciamo un esempio: -se parto da 10 infetti, questi diventeranno 30 in 5 giorni;-i 30 infetti diventeranno 90 in altri 5 giorni (32 = 3×3 volte il valore iniziale)-dopo 30 giorni = 6×5, sei “pacchetti” da 5 giorni, il numero di malati sarà cresciuto rispetto al valore iniziale di un fattore moltiplicativo 3x3x3x3x3x3 = 36 = 729, per crescere di 7292 = 312 = 531 441 volte in due mesi (12 “pacchetti” da 5 giorni)…. Un numero enorme ed a quel punto incontrollabile.
Le progressioni che seguono questa logica, per cui ogni valore è il prodotto del precedente moltiplicato per un fattore costante, sono chiamate in matematica “sequenze geometriche” o “esponenziali” e si differenziano dalle “sequenze aritmetiche” o “lineari”, in cui ogni termine risulta dal precedente sommando un valore costante (ndr). La dinamica di un’epidemia prima che inizi ad avvicinarsi alla saturazione segue esattamente questo tipo di legge e si può caratterizzare dal numero di giorni che sono necessari affinché il numero di contagiati raddoppi, o triplichi, o si decuplichi.
Poiché il numero di decessi è proporzionale a quello dei contagi, con uno scarto temporale dovuto al fatto che una vittima dell’epidemia muore un certo lasso di tempo dopo essere stato contaminato, lo stesso metodo può essere utilizzato anche per valutare i tempi di raddoppio dal numero delle vittime.
Purtroppo, i paesi occidentali non hanno effettuato test sistematici su tutta la popolazione, per cui le loro statistiche sul numero di contagiati sono poco affidabili. D’altro canto, le statistiche sul bilancio delle vittime sono verosimilmente più affidabili e su queste statistiche si può verificare se le semplici ipotesi che abbiamo formulato corrispondono alla realtà.
Tra contenimento e contagio
Facendo riferimento ai tempi di decuplicazione in alcuni paesi occidentali, prima che le misure di contenimento e la drastica riduzione dei contatti ravvicinati producessero effetti, abbiamo questi valori:
– Italia: 12 morti il 26 febbraio, 148 morti il 5 marzo, 1809 morti il 15 marzo;
– Spagna: 10 morti il 7 marzo, 133 morti il 13 marzo, 1.381 morti il 21 marzo;
– Francia: 16 morti il 7 marzo, 175 morti il 17 marzo, 1995 morti il 27 marzo;
– Regno Unito: 10 morti il 13 marzo, 115 morti il 18 marzo, 1161 morti il 27 marzo;
– Germania: 9 morti il 14 marzo, 94 morti il 22 marzo, 931 morti l‘1 aprile;
– Stato di New York: 10 morti il 15 marzo, 100 morti il 20 marzo, 1019 morti il 27 marzo.
(dati tratti dal sito: www.worldometers.info)
In altri termini:
– Italia: moltiplicazione per 12 in 9 giorni, poi di nuovo per 12 in 10 giorni.
– Spagna: moltiplicazione per 13 in 6 giorni quindi per 10 in 8 giorni.
– Francia: moltiplicazione per 11 in 10 giorni, poi di nuovo per 11 in 10 giorni.
– Regno Unito: moltiplicazione per 11 in 5 giorni quindi per 10 in 9 giorni.
– Germania: moltiplicazione per 10 in 8 giorni, poi di nuovo per 10 in 10 giorni.
– Stato di New York: moltiplicazione per 10 in 5 giorni, poi di nuovo per 10 in 7 giorni.
Questi dati confermano che il tempo di moltiplicazione per 10, specifico dell’epidemia di Covid prima che vengano prese le misure per combattere il contagio, è dell’ordine di appena 10 giorni, un fatto già confermato nelle statistiche pubbliche cinesi alla fine di gennaio: 25 morti il 23 gennaio e 259 morti il 31 gennaio, ovvero una moltiplicazione per 10 in 8 giorni.
L’allerta necessaria
Ricordare il numero di decessi Covid registrati nei diversi paesi all’inizio delle date di confinamento ci permette di capire quanto ogni paese è stato rapido a reagire:
-Cina: confinamento progressivo tra il 22 gennaio (17 morti) e il 25 gennaio (56 morti).
-Italia: chiusura progressiva tra l’8 marzo (366 morti) e il 10 marzo (631 morti).
– Spagna: chiusura progressiva tra il 13 marzo (133 morti) e il 15 marzo (342 morti).
-Francia: chiusura il 17 marzo (175 morti).-Regno Unito: chiusura il 24 marzo (508 morti).
-Germania: chiusura progressiva tra il 16 marzo (17 morti) e il 22 marzo (94 morti).
– Stato di New York: chiusura il 23 marzo (290 morti).
Secondo queste statistiche il paese più veloce a reagire è stato la Cina, seguito da Germania, Francia, Spagna, Stato di New York, Italia (primo paese colpito in Europa) e Regno Unito, con un ordine definito sulla base dei numeri delle vittime circa due mesi dopo l’implementazione delle misure di contenimento, approssimativamente proporzionali ai numeri delle vittime alle date di inizio confinamento, con maggior stabilità statistica e con fluttuazioni che si possono ricondurre alla severità delle norme implementate, strettissime nella provincia di Huabei, severe in Italia e Spagna, molto meno in Germania.
Questi dati mostrano che se l’Italia, la Spagna, la Francia, il Regno Unito e lo Stato di New York avessero preso le misure di confinamento per fermare la progressione esponenziale dell’epidemia dieci giorni dopo, oggi conterebbero centinaia di migliaia di morti ciascuno.Per converso, se il confinamento fosse stato deciso dieci giorni prima, quindi per la Francia il 6 marzo, oggi avremmo solo poche migliaia di morti anziché decine di migliaia, il livello di contagio residuo sarebbe dieci volte più basso e sarebbero necessari molti meno sforzi per eradicare il COVID.3.
Sfortunatamente, il Covid è ancora qui e tutti dobbiamo continuare a impegnarci per bloccarne la circolazione. Basterebbe abbassare la guardia sulle regole di distanziamento e di igiene per qualche settimana per far alzare esponenzialmente il numero dei decessi in quelle successive, come mostrano purtroppo gli Stati Uniti.
Tempo fa si sperava che il Covid diventasse meno contagioso nei periodi di temperature elevate, ma l’osservazione della dinamica dell’epidemia in paesi come il Brasile o il Messico purtroppo mostra che la massima cautela ed allerta è l’unica via.