Prendiamo per buone le parole pronunciate ieri 30 settembre da  António Guterres segretario generale dell’Onu summit sulla biodiversità: «L’umanità ha fatto guerra alla natura. Dobbiamo ricostruire la nostra relazione con lei». Detto altrimenti finora abbiamo mancato  tutti gli obiettivi sulla biodiversità.  Dei 20 target decisi nel 2010 ad Aichi nel Giappone per il 2020 solo sei sono stati parzialmente conseguiti, dalla proporzione di aree protette alla conoscenza della biodiversità. E su 60 criteri di successo solo sette sono stati centrati. Ci sono stati progressi in 38 criteri, mentre 13 non hanno registrato avanzamenti, e in due casi non ci sono sufficienti informazioni disponibili. Quindi male.

I numeri sono anche peggiori.  Il mondo ha perso più di due terzi della sua popolazione di animali selvatici in meno di 50 anni, principalmente a causa dell’attività umana. Secondo il Living Planet Index tra il 1970 e il 2016 il 68% di questa fauna è scomparso. Pubblicato ogni due anni dal Wwf  il Living Planet Index è un indice che tiene traccia di quasi 21.000 popolazioni di mammiferi, uccelli, pesci, rettili e anfibi in tutto il mondo.

Come funziona l’indice. Si tratta di un superindice compilato in collaborazione con la Zoological Society of Londonche che intende calcolare la variazione percentuale media delle dimensioni della popolazione. La percentuale non rappresenta il numero di singoli animali bensì la variazione media delle dimensioni della popolazione animale. Come si vede nell’immagine l’indice globale del pianeta vivente del 2020 mostra un calo medio del 68% nelle popolazioni di specie di vertebrati monitorate tra il 1970 e il 2016. I dati vengono raccolti da quasi 4.000 fonti, utilizzando tecnologie sempre più sofisticate come i dispositivi audio per monitorare i suoni degli insetti; droni e tagging satellitare per monitorare le popolazioni in movimento; e persino la tecnologia blockchain per monitorare l’impatto della raccolta sulle popolazioni selvatiche.

Cosa dice il Living Planet Index?  La causa principale di questa estinzione (di massa) è la distruzione degli habitat naturali, soprattutto per l’agricoltura, tendenza che rischia di favorire nuove pandemie di tipo Covid-19.  Mettendo in contatto uomo e animali si agevola la trasmissione di virus da specie a specie.

L’impatto peggiore, come si vede nell’infografica di Statista, è stato riscontrato nell’America Latina, dove la fauna selvatica è diminuita del 94% dal 1970 proprio per la conversione di praterie, savane, foreste e zone umide in suolo agricolo o per l’estensione delle aree urbane. Durante lo stesso periodo, le popolazioni di animali selvatici africani sono diminuite del 65% come conseguenza dei cambiamenti nell’uso della terra e del mare, nonché dell’eccessivo sfruttamento delle specie. Il calo è stato del 45% nella regione Asia-Pacifico, del 33% in Nord America e del 24% in Europa e Asia centrale. L’impatto dell’uomo avrebbe conseguenze non solo sulla terra ma anche su mari e fiumi. Le specie di acqua dolce sono diminuite dell’84% mentre il 75% degli stock ittici è sovrasfruttato negli oceani del pianeta. Uno stock ittico (o semplicemente stock) è una subpopolazione di una specie di organismo (pesce o invertebrato) soggetto a pesca commerciale. Vuole dire che stiamo pescando troppo pesce. E questo sta indebolendo l’ecosistema ittico. Infine, leggendo il rapporto del Wwf, scopriamo che tra le specie in via di estinzione troviamo il gorilla della pianura orientale della Repubblica democratica del Congo, che ha visto calare il suo Lpi dell’87% tra il 1994 e il 2015, lo storione cinese che, nel fiume Yangtze in Cina ha registrato una produttività calata del 97% tra il 1982 e il 2015, e il pappagallo cenerino del Ghana che tra il 1992 e il 2014 ha subito un calo di popolazione a causa del commercio di uccelli selvatici e del consumo di suolo del 99%.

 

Questa è la terza puntata dedicata alla biodiversità. Ecco le altre puntate.

Gli indicatori per misurare l’allarme globale sulla biodiversità

A rischio estinzione un milione di specie animali. Come scompare la biodiversità pixel dopo pixel

 

L’articolo Biodiversità, cattive notizie: il 25% delle specie animali e vegetali a rischio estinzione. ll Living Planet Index spiegato bene sembra essere il primo su Info Data.

Leggi su infodata blog